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Italia: lo stato dell’Efficienza Energetica

Presentato pochi giorni fa, il Rapporto Cesef 2022 di Agici Finanza d’Impresa sull’Efficienza Energetica ha fatto emergere come l’efficienza energetica sia in realtà la cenerentola delle politiche energetiche europee e nazionali. Il principio Ue ‘Energy Efficiency first’, anche in un contesto di crisi energetica, è sostanzialmente disatteso, e perfino le misure di efficienza contenute nel Repower Eu sono sostanzialmente affidate alla buona volontà dei cittadini.

Cosa servirebbe?
Una riforma vera per agevolare gli interventi fondamentali su scala nazionale: miglioramento dell’isolamento termico degli edifici; sostituzione degli impianti di climatizzazione; elettrificazione dei sistemi di riscaldamento; efficientamento dei settori energivori; elettrificazione del parco auto.
Questi interventi, secondo gli studi del rapporto, porterebbero una riduzione dei consumi energetici al 2030 di 15 Mtep l’anno, superiore all’obiettivo di risparmi previsto dal Pniec (9,3 Mtep/anno), cioè un risparmio di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale (equivalenti al totale delle importazioni italiane dalla Russia nell’arco di tutto il 2022), oltre a un taglio di 36,5 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Il tutto generando investimenti per 405 miliardi di euro e un beneficio complessivo per il Paese di 594 miliardi di euro, con benefici netti per 189 miliardi di euro.
Senza questa riforma si rischia, insomma, di perdere la grande occasione per l’applicazione del principio di Energy Efficiency first. La crisi energetica del 2022 ha coinvolto tutta l’Europa. Il timore di un’insufficienza degli approvvigionamenti e il forte rialzo dei prezzi hanno inciso sulle decisioni dei governi. Ma, se da una parte questa crisi ha avuto il merito di rilanciare la Transizione Energetica, dall’altra non ha prodotto quel salto deciso verso l’efficienza.

Come fare?
Il primo passo necessario sarebbe l’unificazione del vasto corpus di agevolazioni fiscali nell’ambito edilizio in un unico strumento di detrazione, con un’aliquota modulare legata ai risparmi energetici ottenibili, per massimizzarne l’efficacia e garantire la continuità degli investimenti.
Sul capitolo incentivi – Certificati Bianchi, Conto Termico, Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica, Comunità Energetiche Rinnovabili – sarebbe importante partire con una revisione di questi ultimi, perché ricalibrare gli incentivi permetterebbe di tagliare i consumi al 2030 di 9,1 Mtep/anno nel settore residenziale, 0,3 Mtep/anno nel terziario, 3,2 Mtep/anno nell’industria e 2,9 Mtep/anno nei trasporti.

Qual è la situazione in Italia?
Secondo EnergRed.com che ha svolto uno studio proprio su questo settore, oltre un’impresa su due (54,1%) tra le PMI italiane ha realizzato almeno un intervento di efficientamento energetico.
La percentuale più alta (80%) si registra in Lombardia, prima regione davanti a Veneto (72%) e Lazio (70%) e seconda, dietro alla Puglia, nelle implementazioni di sistemi fotovoltaici per alimentare il fabbisogno energetico.
Dall’analisi di EnergRed.com, Milano con le sue 50.000 imprese green vale il 6,25% del totale nazionale, seguita – a livello regionale – da Brescia con 24.000 imprese (3%) e da Monza e Brianza con 21.000 imprese (2,63%). In base ai dati raccolti, a ogni regione è stato attribuito un valore, un coefficiente “green”: sul podio Puglia (0,94), Lombardia (0,93) ed Emilia-Romagna (0,75).
Cospicuo è anche il numero di aziende che hanno fatto ricorso ad una qualche forma di fotovoltaico (38,1%), confermando che la PMI italiana è davvero ‘Green Conscious’. Il numero di interventi – includendo ogni tipo di iniziativa, anche solo la formazione o l’organizzazione – è molto elevato: si arriva addirittura all’83,7% per il settore delle costruzioni, al 82,7% per il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca ed al 75,3% per il settore delle attività manifatturiere.

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